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L’incontro si è tenuto il 6 dicembre, presso la Fabbrica Del Vapore.
Critici e storici dell’arte insieme per parlare dell’anatomia nel mondo dell’arte, nell’ambito della mostra Body Worlds, di Gunther Von Hagens, un excursus tra scienza e arte nei secoli addietro.
IL PRIMO INTERVENTO E’ DI ANDREA DANINOS, che parte raccontando la vicenda di Damien Hirst – artista britannico noto per le sue opere create con corpi imbalsamati e immersi in formaldeide – e del suo “Hymm”.
Hirst fu denunciato da una nota marca di giocattoli, per aver copiato un modellino del corpo umano. E’ così che si affronta l’argomento della spettacolarizzazione del corpo umano.
Hymm, 1999
Daninos prosegue citando la ceroplastica di Giuseppe Salerno, medico palermitano del ‘700, autore delle due Macchine anatomiche commissionate da Raimondo De Sangro, principe di Sansevero, e custodite nell’omonima cappella di Napoli. Si tratta di due corpi, uomo e donna, che presentano il sistema venoso ed arterioso perfettamente intatto.
Ma il Principe di San Severo non fu il solo a coltivare il desiderio di spettacolarizzare la morte, proseguono infatti gli esempi. Ecco l’opera di Gaetano Giulio Zumbo (o Zummo): “Testa d’uomo”, realizzata per Ferdinando De’ Medici intorno al 1695, una delle tante composizioni “immortali” del ceroplasta Zumbo, la cui fama arrivò fino in Francia tanto da essere invitato ad esporre all’Académie Royale des Sciences. Il successo presso l’Académie fruttò a Zumbo, direttamente da Luigi XIV, il monopolio delle preparazioni anatomiche e l’autorizzazione a tenere pubbliche lezioni di anatomia.
Accanto a Gaetano Giulio Zumbo, non si può non ricordare ClementeSusini, che oltre a dedicarsi alla ceroplastica, cominciò a diffondere le sue opere anche in spettacoli pubblici, quali fiere, baracconi ambulanti etc… etc… tra tanti casi di “scherzi della natura”.
Famosissima la sua “Venerina”, che fu esposta a Bruxelles nel famosissimo Museo delle cere anatomiche del Dottor Spitzner.
Esiste inoltre un’intera sezione dedicata alle cere di Clemente Susini, presso la Cittadella dei Musei a Cagliari.
Tra i pittori, si distinse Paul Delvaux, che subì l’influenza dell’espressionismo tedesco prima e del surrealismo metafisico di De Chirico e Magritte, lavorando prevalentemente su nudi femminili e scheletri.
Viene poi ricordato Louis Thomas Jérôme Auzoux, famoso per le sue realizzazioni in cartapesta. I suoi primi modelli furono costruiti su una base di materiale osseo naturale eliminando però tessuti anatomici molli come muscoli, vasi sanguigni e nervi, per poi sostituirli con la cartapesta.
E ancora Honoré Fragonard, anatomista francese – cugino del più famoso pittore – che scoprì una tecnica tramite cui i corpi veri, iniettati di una speciale sostanza, venivano pietrificati.
E’ riconoscibile, in quest’opera, il modello al quale si è ispirato Gunther Von Hagens.
Una storia che ha quasi dell’incredibile fu quella di Gerolamo Segato, un egittologo e naturalista letteralmente ossessionato dal riuscire a conservare intatti i morti. Si trattava di una particolare tecnica in parte simile alla mummificazione, ma assolutamente unica: consisteva in una mineralizzazione, erroneamente chiamata pietrificazione.
Un breve documentario :
L’inutilità dell’arte di Segato è racchiusa in un tavolo intarsiato con organi umani, tavolo per cui si fu chiaramente ispirato a Domenico Del Tasso, fiorentino, illustre maestro del legno nel XVI secolo.
Perfino il suo monumento funebre accenna al suo vano tentativo artistico.
(fonte fotografica http://www.flickr.com/photos/lesimmagines)
I filosofi non furono meno sperimentatori, nel campo della conservazione dei corpi.
Jeremy Bentham, per esempio, filosofo e giurista inglese vissuto nella seconda metà del ‘700, aveva compilato una guida per la conservazione del proprio cadavere, con l’idea di giungere a una vera e propria “auto-icona”. Di tutto questo rimane la testa, che si può vedere ai piedi di questa cera. Testa che fu oggetto di diversi atti di vandalismo, prima di essere conservata in questa teca.
INTERVENTO DI MARCO VALLORA
Si parla del Museo delle Cere di Bologna “Luigi Cattaneo”, dove curiosamente vediamo convivere arte e vita mummificata. Si può quasi parlare di un Vasari all’incontrario. Mentre lui glorificava le vite di uomini illustri, ora si glorifica la morte. E’ come giocare tra la vitalità drammaturgica di queste opere e l’inesorabilità della morte in esse rappresentata.
http://www.museocereanatomiche.it/
Vallora ricorda che il primo artista ad azzardare le prime analisi anatomiche fu il grande genio di Leonardo Da Vinci, che come sappiamo fu molto contestato. Ma solo nel ‘500 si potranno vedere i primi libri figurati, perché fino ad allora, cosa per oggi impensabile, era considerato superfluo indagare nel mistero del corpo umano.
Anche in ambito religioso sono in pochi ad appoggiare lo studio del miracolo del creato. L’unico che si distinse per la sua modernità fu il Cardinale Lambertini (Papa Benedetto XIV dal 1740 al 1758).
Curiosa fu anche l’attività di Morto da Feltre (il soprannome è di dubbia origine), pittore del ‘500 che pare avesse il gusto macabro di trascorrere il suo tempo nei cunicoli sotterranei per studiare le grottesche.
Alcuni artisti, come Auguste Rodin, dovettero addirittura subire dei processi, per le loro scelte artistiche. Il calco di Rodin, per esempio fu giudicato scandaloso, perché troppo realistico. A quest’opera è tra l’altro legata una vicenda personale dello stesso artista, con uno strappo metaforico – tra corpo e pietra – che simboleggia il fallimento della sua vita matrimoniale.
Si potrebbe dire, ed è evidente guardando l’opera, che Rodin anticipa le scelte della fotografia e del cinema, nonché dell’arte contemporanea. Ma in un certo senso ci riporta alla bellezza e alla rotondità anche delle statuine di veneri riconoscibili nelle storie di diverse culture.
In ogni caso è il discorso fisiologico a rendere tutto più comprensibile. E quando la scienza si fonde con lo spettacolo il risultato che si raggiunge è doppiamente fortunato. Basti pensare ai giorni nostri con i Fratelli Chapman, noti ormai in tutto il mondo per le loro provocazioni con installazioni che ritraggono scheletri, teschi, corpi mutilati e violentati di uomini donne e bambini. Non si può certo parlare di operazioni fini a sé stesse, si tratta chiaramente di messaggi di forte impatto sociale, risvegliando la coscienza dell’osservatore e facendo emergere i lati più oscuri dell’animo umano.
Zygotic Acceleration Biogenetic Desublimated Libidinal Model
Oltre alla perversione tipica del nostro tempo, è ravvisabile in quest’opera anche un riferimento a tutto ciò che all’epoca del Dottor Spitzner sarebbe stato certamente spettacolarizzato, mostrato nella sua terrificante realtà. Sono dunque opere, quelle dei Chapman che hanno solide radici nell’anatomia in contesti socio-artistico-culturali.
Il Professor Vallora cita anche Gino De Dominicis, controverso artista contemporaneo, che affrontò con la sua arte anche la questione dell’immortalità del corpo, arrivando a intendere la creazione artistica come pratica capace di arrestare l’irreversibilità del tempo. Un esempio la sua “Calamita Cosmica”, il cui titolo allude al rapporto che la colossale creatura, riproducente una specie antropomorfa sconosciuta ai terrestri, intrattiene con lo spazio cosmico mediante l’asta d’oro (calamita) che, come un gigantesco gnomone in bilico sul dito medio della mano destra del monstrum, scandisce un tempo originario e ultramondano. (fonte www.arte.go.it)
Non è raro riconoscere anche, in certi artisti, la proposizione dell’idea di architettura del corpo umano attraverso la riproduzione degli organi genitali femminili, come antro, caverna e spazio in cui rifugiarsi. Attingendo a tutta una serie di simbologie che riportano anche al subconscio.
Ci sono fotografi che lavorano sulla spettacolarizzazione del corpo umano utilizzando particolari scelte di luce.
“Body Worlds” di Gunther Von Hagens non è neppure l’unica mostra che indaghi il corpo umano (sebbene sia unica nel suo genere), a dimostrazione che la scientificità è spesso al servizio di uno specifico gusto artistico.
E’ comunque sacrosanto affermare che l’arte di rappresentare il corpo umano arriva spesso ad essere profondamente macabra, ma si sa che l’arte contemporanea, pur di giungere a un risultato sensazionale, sfrutta ogni elemento.
INTERVENTO DI VINCENZO ESPOSITO
Il Professor Esposito, per spiegare come mai questo genere di esposizioni creino tanto scalpore, parte dall’idea secondo cui ancora non riusciamo a concepire la vita legata alla morte. Eppure già Galeno di Pergamo (medico greco antico e fondatore della fisiologia sperimentale e della medicina sistematica) si avvicinava a questi discorsi, anche se a quel tempo le conoscenze riguardo l’anatomia, fisiologia degli esseri viventi venivano percepite senza soluzione di continuità con quelle che riguardavano il cosmo e la terra.
Dunque Von Hagens non fa nulla di nuovo, rispetto a Galeno. Entrambi si preoccupano di divulgare la conoscenza medica del corpo. Il regalo più grande che questa mostra ci fa è il poter vedere le relazioni precise tra le parti del corpo, nelle posizioni quotidiane. L’anatomia di un gesto legata a un’idea. Pensiamo ai “Giocatori di carte”. Il momento in cui il baro decide di passare la carta al suo compagno, non si può ridurre nella tensione del piede, ma è inevitabilmente connesso alla decisione del cervello che manda stimoli anche al cuore, che produce adrenalina, sudorazione. E per uno studente di medicina, ma per chiunque, poter vedere in maniera totale cosa si scatena per un semplice gesto, vale molto più che conoscere alla perfezione le singole parti. Questa è la meraviglia del corpo umano, e il valore inestimabile riconoscibile nell’esposizione di Von Hagens.
C’è da dire che il metodo di Von Hagens è stato perfezionato sul modello di un medico calabrese del ‘600, Marco Aurelio Severino, che già aveva capito che per poter lavorare su un corpo era necessario raggiungere prima una condizione di disidratazione.
INTERVENTO DI FABRIANO FABBRI
A conclusione dell’incontro, il Professor Fabriano Fabbri ci accompagna attraverso il mutamento della concezione dell’anatomia nell’arte. Si sottolinea come in questi corpi si allarghino i sensi, cercando quasi un riscatto dallo schifido. Ma da sempre, il ruolo dell’artista è quello di mediare tra reale e irreale. Un esempio fondamentale è quello dell’artista tedesco denominato “lo sciamano”, Joseph Beuys, che credeva fermamente nelle reti di energia che ci circondano, e durante le sue performance aveva sempre un accessorio che allungasse il suo corpo per cercare una connessione altra. E se pensiamo a cosa siamo diventati, ai nostri giorni, con telefonini, iPad e quant’altro per restare “connessi”, come avessimo delle protesi del nostro corpo, allora possiamo capire il genio di Beuys. La sua performance più nota ” I like America and America likes me” ebbe luogo nel maggio del 1974 a New York, presso la René Block Gallery, al 409 di West Broadway. L’artista era contrario alla guerra in Vietnam così, quando atterrò a New York, per evitare di toccare il suolo americano, si fece trasportare in ambulanza fino alla galleria avvolto da una coperta di feltro. Là svolse per tre giorni la sua performance, insieme a un coyote, in una sala appositamente recintata. Per molte ore al giorno Beuys restava accucciato al centro della sala avvolto nella coperta di feltro con un bastone da pastore in pugno. Per alcune ore, invece, si distendeva su un giaciglio di paglia che si era fatto preparare in un angolo. Il coyote, dapprima guardingo, acquistò gradualmente confidenza (fonte http://artmasko.wordpress.com)
Per riallacciarsi al discorso delle connessioni, Fabbri cita Jim Morrison
“In quell’anno ci fu un’intensa visitazione di energia”.
Morrison fu senz’altro un artista in grado di vedere oltre gli eventi dell’epoca e probabilmente intuiva i grandi cambiamenti anche nell’utilizzo delle energie specifiche di ognuno di noi.
E’ degli stessi anni l’album degli Woh, “Tommy”. Il primo album nella storia del rock ad essere considerato un’opera. Tommy è la storia di un ragazzo nato alla fine della prima guerra mondiale, che diviene sordo, cieco e muto. L’episodio che determina questa situazione è l’omicidio dell’amante della madre di Tommy da parte del padre, aviatore britannico al ritorno dal fronte (nella versione cinematografica è il padre naturale ad essere ucciso dall’amante). I genitori di Tommy, che assiste alla scena dietro allo specchio, dicono al bambino di non dire, vedere e sentire nulla (infatti See Me, Feel Me, Touch Me, Heal Me sarà il leitmotiv del disco). Il traumatizzato Tommy diventa così muto, cieco e sordo. A peggiorare la situazione subentrano nella sua vita le violenze sessuali da parte dello zio e gli atti di bullismo del cugino, personaggi, che crudamente e bestialmente, approfittano dello stato del bambino che non può né urlare né lamentarsi. Ogni cura ed ogni tentativo di riportarlo alla normalità sono vani fino a quando Tommy si scopre “mago del flipper” e come tale ottiene notorietà e ricchezza. È oltrepassando lo specchio che Tommy torna alla vita e inizia un percorso che lo porta a divenire una sorta di “messia” in grado di liberare e curare gli altri facendogli seguire il suo percorso. Un dottore ritiene che l’unico modo per comunicare con Tommy sia attraverso uno specchio, la madre non vuole credergli e distrugge lo specchio di casa. Paradossalmente questo evento rende Tommy libero e gli fa riacquistare tutti i sensi, facendolo tornare un bambino normale. La distruzione del “santuario” riporta Tommy alla propria dimensione umana.
L’album è ascoltabile a questo indirizzo
Richard Fleischner, artista che da sempre con le sue installazioni enfatizza le relazioni tra l’architettura creata e il contesto naturale in cui viene inserita, spesso scegliendo di interrompere la linearità di un paesaggio
House Garden, 1974
Ma ancora più esplicativo è il caso di Robert Smithson, con la sua morfologia delle antenne.
Great Salt Lake, Utah
Spiral Jetty, 1970
E basta accendere la televisione per accorgerci che anche la pubblicità è ormai permeata di riferimenti non solo al corpo ma alla sua tecnologicizzazione. La tecnologia, in fondo, non è altro che la realizzazione di tante anticipazioni della nostra arte.
Tornando allo studio del corpo in relazione all’ambiente e alle situazioni è sicuramente utile riferirci a Gina Pane. Figura di primo piano della body art degli anni settanta, realizzò una serie di performance, minuziosamente preparate e documentate, in cui ogni gesto, spesso legato alla dimensione dolorosa del corpo, viene compiuto con un’apparenza rituale, per purificare l’animo umano dalle sue debolezze e cattiverie. La ferita come varco nel silenzio. In Azione sentimentale si illustrava una dimensione cattolica del martirio attraverso l’automutilazione: nella galleria milanese di Luciano Inga Pin l’artista è vestita di bianco e porta un bouquet di rose rosse, dalle quali stacca tutte le spine conficcandosele poi nel braccio. Successivamente le toglie lasciando colare un rivolo di sangue. Le rose rosse del bouquet diventano bianche. E a questo punto l’artista s’incide il palmo della mano con una lama di rasoio.
Un ritrovare il succo organico, il sangue, andando oltre la pop art, e scuotendo il sonno del mondo.
Un’altra esponente della body art è Marina Abramovic, che esplora la relazione tra esecutore e pubblico, i limiti del corpo e le possibilità della mente. A volte superandoli. Ingerendo, uno dietro l’altro, medicinali indicati per sintomatologie opposte e attendendo la reazione del proprio corpo, in smorfie di dolore e convulsioni.
Oppure inalando l’aria di un ventilatore fino a svenire, o ancora portando allo stremo delle proprie forze le corde vocali, gridando fino a perdere la voce e sentirsi la gola bruciare.
E sempre di estremismo vocale possiamo parlare se citiamo Janis Joplin e questa sua famosissima esibizione a Woodstock, pochi mesi prima che morisse all’età di 27 anni.
Tornando invece all’arte figurativa, oggi l’anatomia non si esime dal rappresentare l’estremo legame con gli apparati tecnologici. L’anatomia di oggi è vestita, coperta da tutti quegli elementi tecnologici che derivano da fantascienza, manga e quant’altro. Possiamo vedere qui l’artista giapponese Mariko Mori.
Il Professor Fabbri conclude il suo intervento con Noriko Yamaguchi, un’altra artista giapponese che crea una vera e propria connessione tra corpo e tecnologia. Una connessione costante che ormai ci riguarda tutti. Ecco il suo corpo avvolto da tastiere di telefonini.
IN CHIUSURA DEL DIBATTITO, IL REGISTA TEATRALE GIUSEPPE ISGRO’ INTRODUCE UNA LETTURA DRAMMATICA DI ELENA CALLEGARI, SU TESTO DI HEINRICH VON KLEIST, IL SAGGIO “SUL TEATRO DI MARIONETTE”
Un chiaro parallelismo con la perfezione del corpo umano e una riflessione sulla difficoltà di gestire, col pensiero, dei movimenti che solo un essere superiore può comandare con tale maestria.
“Queste marionette”, disse, “presentano inoltre il vantaggio
di non essere soggette alla legge di gravità. Dell’inerzia della materia,
la proprietà più avversa di tutte alla danza, esse non sanno nulla:
dal momento che la forza che le solleva in aria è maggiore
di quella che le incatena alla terra […]”
Heinrich Von Kleist (1810)
Sul teatro di marionette
Per approfondimenti sulle tecniche di conservazione dei corpi